Pensieri

Il Sogno Proibito Di Tutti

“Che figata Kate, ti invidio un sacco!”
“Che bel progetto, piacerebbe anche a me ma…”
“In fondo è il sogno proibito di tutti, ma tu lo fai”.

 

Queste ed altre sono le reazioni entusiastiche della gente quando racconto che ho mollato casa e lavoro per andare a lavorare in un ostello alle Canarie per qualche mese e girare un po’.
Si sa, avere l’approvazione degli altri è importante e anche essere invidiati lo è, soprattutto nell’era moderna. E quindi queste reazioni non possono che fare piacere. “Allora sto facendo la cosa giusta”, mi dico. E un po’ mi sono gasata, negli scorsi mesi, perché è vero che c’erano quelli che mi chiedevano se fossi sicura di questa decisione – in fondo lasciavo un contratto indeterminato e una bella casa – ma dopo aver spiegato le mie ragioni la gente si lasciava convincere ed entusiasmare dal mio progetto. Quali ragioni? La curiosità di vedere il mondo, che è troppo grande per restare sempre in un piccolo pezzo, e la voglia di farlo prima di incastrarmi trovando un lavoro interessante o semplicemente buono, una casa migliore che magari potevo comprare, una persona con cui ipotizzare una famiglia… Insomma, ora o mai più. E quindi “Brava!” , “Lo farei anche io se potessi” ecc ecc.

Così i giorni sono passati e le scadenze si sono avvicinate. A fine dicembre ho dato la disdetta per l’affitto. A metà gennaio ho presentato le dimissioni. Ad inizio marzo ho smesso di lavorare. E nel frattempo mi sono lasciata col mio ragazzo. “È indipendente dal fatto che parti!”, mi ha detto. Ma come può? Io parto: non possiamo immaginare come sarebbe andata se le cose fossero state diverse.
E quindi inizio a chiedermi se non avrei fatto meglio ad accontentarmi.

Intanto il giorno fatidico della partenza si avvicina, bisogna impacchettare le cose. Dopo un paio di settimane non andare a lavorare diventa strano. Gli amici di mezza vita vanno salutati e tutti gli impegni burocratici vanno incastrati. Manca una settimana alla partenza e sai che ogni giorno in città sarà l’ultimo giorno di quella settimana per un po’. L’ultimo lunedì, l’ultimo mercoledì, le ultime serate settimanali. E poi la festa d’addio. A quella vengono amici che hai visto il giorno prima, amici che non vedevi da anni, sono tutti lì per te e per dirti che sentiranno la tua mancanza e tu pensi: ma che cazzo sto facendo? Come mi è venuto in mente di lasciare tutto questo?

Ecco cari amici. La settimana prima della partenza mi è sembrato di impazzire. O forse mi è sembrato di rinsavire rendendomi conto di essere stata pazza nei mesi precedenti e di aver fatto tutte le scelte sbagliate.
Alla festa non ho fatto altro che piangere: per ogni persona che andava, per quelle che so che probabilmente non rivedrò più, per quelle che forse rivedrò ma non so fra quanto, per tutto quell’affetto che mi stavano dimostrando e che mi è sembrato di ripudiare.
Il giorno dopo, durante il trasloco, non ho solo pianto, sono anche caduta in preda ad un vero e proprio attacco di panico, col respiro che mancava, mentre impacchettavo le ultime cose e mettevo da parte le cose che erano sue, e che aveva dimenticato lì, insieme a me. Man mano che la stanza si svuotava mi chiedevo come fosse possibile aver preso una decisione tanto stupida, rinunciare a tutto questo, e lui, a me, a loro, la mia casa, la mia gattina… La gattina… Quanto ho sofferto nel metterla nella gabbietta e mandarla a casa con mamma.
Ed eccomi lì, la stanza vuota, solo una grossa valigia sul pavimento, piena di troppe poche cose e nessuna che contasse.
L’ultima domenica a Milano non l’ho vissuta. Non ce l’ho fatta, e sono scappata a rifugiarmi dalla mia famiglia per gli ultimi giorni. Mi sono distratta un po’, sembrava andare meglio.
Ma poi è arrivata la sera prima della partenza. Ho salutato mia mamma, mia nonna, mio fratello, la gattina. Da sola, sono tornata di nuovo in quella stanzetta milanese vuota, per la vera ultima volta. Ho voluto farmi ancora più male, cercare ovunque la certezza che per Lui sono acqua passata, che l’amore millantato è sparito da tempo e che non sono più nei suoi pensieri: ha un’altra. Non dormo.
La sveglia suona alle 3,50 , devo chiamare il taxi, andare all’aeroporto. Sono solo io. Nessuno è sveglio alle 4 di un mercoledì notte. Poche cose mi sono pesate così tanto nella vita. Nel buio viaggiavo verso Orio con il desiderio di tornare indietro e rifare tutto da capo.
Il sogno proibito di tutti che però inseguo solo io, in fondo, ha un grosso rovescio della medaglia, che non vedrai fino a che non ci sarai in mezzo.

Rinunci a tutto in cambio di niente. O forse no?

Nulla si può rifare, però. Sono dovuta restare.
Ho preso quell’aereo, da sola come sono sempre stata in fondo, ho attraversato un pezzo di oceano, ho raggiunto la mia destinazione. Sono stata catapultata in un mondo nuovo e sconosciuto, in mezzo a gente che sa tutto mentre io non so proprio niente.

Ma oggi, dopo una giornata di sole e surf in compagnia di sconociuti, in attesa di uscire a fare festa con decine di altri ragazzi ognuno con una sua storia, da questo tavolino davanti alla finestra sull’oceano che ho sognato nell’ultimo mese, guardo il tramonto e penso: tutto è importante, e niente lo è.
Life is full of unexpected events. Bisogna solo andarli a cercare.
…e allora, io vado. E voi?

Cheers!

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