Milano · Pensieri

Cara Milano, Non Sei Tu, Sono Io

E dai Milano, non fare così, non mi mettere il muso proprio negli ultimi giorni. Lo so che sei la città della nebbia ma ti ricorderò già nel peggiore dei modi, e tu ti fai anche vedere con il freddo, le nuvole, proprio fino alla fine?

O forse lo fai per me. Perché non vuoi che io mi guardi indietro con un rimpianto, mi lasci l’amaro in bocca perché sai che l’unico modo per farmi staccare da te è lasciarmi un cattivo ricordo. Milano. Proprio come ha fatto lui. Spietato fino alla fine. Facendo cose così cattive da cancellare tutto ciò che di bello c’è stato in nella nostra storia e lasciarsi dietro soltanto la disperazione e la desolazione. La mia stanza, riempita di cose sue che diventavano nostre, e poi svuotata e lasciata sporca e spoglia. E così io.

Ma devi saperlo, Milano, a me non basta così poco. Perché io penso moltissimo, uso la mia razionalità in ogni momento, ma alla fine è il cuore a muovermi, e se qualcuno un pezzo di quel cuore riesce a prenderselo, lo avrà per sempre, anche quando dovesse provare a restituirmelo, sfilacciato e magari in mille pezzi.

E quindi l’altra notte sono uscita in Stazione Centrale, con la pioggia, le camionette della polizia e la piazza vuota, ed ho capito. Tu Milano mi hai mostrato tutto. Mi hai dato una panoramica di questo mondo enorme in cui viviamo, e di quello minuscolo che ognuno di noi si costruisce. Ho visto i trasferimenti di tutti gli studenti che accogli, lo spaesamento dei primi giorni di lezione, cercare una casa scalcinata in cambio del prezzo più basso possibile. Ho visto l’internazionalizzazione nelle aule di Mediazione con il 20% degli studenti iscritti stranieri. Mi hai mostrato le feste più composte ed istituzionalizzate, i locali alla moda, e poi pian piano mi hai fatto scoprire un altro mondo, uno che mi piaceva molto di più: la scena alternativa, i locali underground, i centri sociali, fino ad arrivare ai rave nei capannoni, ed in ogni momento mi hai fatto scorrere davanti agli occhi migliaia di persone diverse. Con pochissime ho incrociato la mia strada. Con moltissime ho incrociato il mio sguardo. Guardavo le persone nei loro momenti di evasione e ho scoperto che mi piacevano davvero tanto.

Mi hai sbattuto davanti la ricchezza, l’opulenza e l’ostentazione più sgargiante, tra la selezione all’ingresso e le terrazze panoramiche, i camerieri in camicia e cravatta ed i vini da centinaia di euro a bottiglia.

Mi hai fatta stare male davanti alla povertà, alle case di cartone, alla carità e all’assenza di questa. Mi hai mostrato una Milano cruda, fredda in ogni mese dell’anno, desolata e prostrata, abitata da disperati e malvagi.

Mi hai consegnato le chiavi di una casa di ringhiera, di una con due balconi, in una camerata ai confini del mondo isolata da tutto, in una tana amichevole che poi si è trasformata in un luogo ostile, e infine mi hai portata qui. La mia stanza, la mia casa. Quella che più ho sentito mia in tutti questi anni. La mia gattina, il divano letto e il ripostiglio, tutto per me, la prima inquilina. E dopo è arrivato lui. E infine se ne è andato. E ci ha lasciate vuote.

Milano mi hai fatta dannare per il traffico nelle ore di punta, l’inefficienza dei mezzi, il funzionamento troppo spesso sbagliato e cattivo del mondo del lavoro. Ti sei fatta odiare per il freddo, il troppo caldo, le zanzare, i prezzi folli, gli stipendi ridicoli, gli scioperi. Ti sei fatta perdonare con i tramonti in corso Buenos Aires, le notti estive al Magnolia, il Fuorisalone, Milano Piano City. Con la primavera che in qualche modo arriva all’improvviso persino in mezzo ai palazzi.

Milano cara, mia amata, mia nemica giurata. La verità è che di te ho odiato soprattutto gli abitanti. Quelli ingiusti, egoisti, ciechi. Quelli che mi spingono in una metropolitana troppo inadeguata per servirci tutti, quelli che suonano al semaforo o parlano troppo rumorosamente, le ragazze che se la tirano, le ragazze sciatte, i ragazzi belli, i ragazzi invadenti e tutte le persone che non parlano in modo chiaro. Le persone con cui ho lavorato, i campioni dello sputtanamento alle spalle, privi della minima empatia. Le persone chiuse ed elitarie che non mi hanno mai accettata nel gruppo in cui avrei voluto entrare. Ho odiato tutti almeno un po’ e mi sono sicuramente fatta odiare da tutti, almeno un po’.

Ma poi mi hai anche regalato le persone più belle che abbia incontrato in questa vita, capi giusti, amici veri, conoscenti piacevoli e momentanei compagni di vita. Mi hai dato lui, cara Milano, che avevo una probabilità su un milione di incontrare e invece me l’hai mandato, sul posto di lavoro, sempre bellissimo. E dopo me l’hai portato via, proprio tu, con il tuo mondo fatto di fatturato e leggi di mercato. E siamo rimaste io e te.

Ma non mi basti più, adesso. Quindi ti abbandono. L’amaro in bocca, ma anche in gola, sei riuscita a mettermelo. Hai infranto tanti sogni cara mia Milano. Lavorativi – Lo sai bene di cosa parlo, vero? Hai mandato avanti a me quelli che avevano semplicemente meno fame, mi hai dimostrato come a volte gli anni di esperienza contano meno di un’iscrizione falsa ad un’università, poiché quest’ultima permette di attivare uno stage curricolare e, quindi, non pagato. Mi hai fatta dispiacere per essermi laureata nei tempi previsti ed aver iniziato subito a lavorare, perché così mi sono trovata con delle pretese che non avevo il diritto di avanzare. Mi hai fatto toccare il cielo con un dito, dopo anni perseguendo un obiettivo, ma alla prima sbandata me l’hai tolto, quel sogno che avevo raggiunto con tanta fatica, e mi hai fatta ripartire da capo, anzi da più indietro ancora, perché nel frattempo gli anni erano passati anche per me. Forse volevi testare quanto fossi forte, e io ti ho dimostrato che non lo sono affatto: perciò ho deciso di scappare. Credevo che non sarei stata sola.

E invece tu mi hai punita con la pena capitale: mi hai tolto proprio lui, la metà del mio cuore, lasciandomi esanime su un pavimento che spero si decida ad inghiottirmi prima della prossima pugnalata che mi auto infliggerò. Lo hai fatto scappare via quasi senza spiegazioni, minando la mia voglia di provarci ancora, a stare al mondo, e strappandomi quel poco di autostima che mi era rimasta.

Ma ieri notte in Stazione Centrale, con la pioggia ovunque, gli spaccini fianco a fianco con la polizia, via Vittor Pisani che si apriva sconfinata davanti ai miei occhi, ho capito che in fondo ho sbagliato a dare la colpa a te. La scusa più ridicola del mondo e sì, l’hanno usata anche con me, proprio l’altro giorno. Non sei tu, sono io. Sono io che non sono pronta ad accettarti così come sei. Sono io che ho ancora bisogno di esplorare un po’ prima di capire dove mi devo fermare. Sono io che sto cercando qualcosa che non so ma che evidentemente non ho ancora trovato e quindi no, non era lui, non lui soltanto. In quell’abbraccio caldo ogni notte ritrovavo un pezzo di me ma ne mancano ancora molti altri. Ti lascio, mia Milano, con la speranza di ritrovarti un giorno o forse no.

Ma ti ringrazio per avermi accolta 7 anni fa, e se altrove non dovessi riuscire a realizzarmi saprò sempre che c’è una città che sono riuscita a chiamare casa.

2 thoughts on “Cara Milano, Non Sei Tu, Sono Io

  1. Tate scrivi da Dio ! E meno male che usi questo strumento di espressione e sfogo, pur non sempre felicio, grazie delle emozioni che mi trasmetti

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