Pensieri

Comfortably Numb

Ho conosciuto il Dolore. Quello estremo e assassino, ghiacciato e torrenziale che sembra infinito. Quel dolore fratello di una paura ancestrale, figlio di un trauma atavico e padre di tutti i miei problemi futuri: una famiglia di sofferenza che mi ha spremuta fino a farmi desiderare di sparire nel ventre del mare. Questo dolore mi è stato accanto, intorno, dentro. Mi ha spinta, mi ha trascinata, mi ha strattonata e mi ha intrappolata. Eravamo io e la mia mente, e non avrei potuto mai scappare. Sono stata sul fondo del più viscido pozzo umido così a lungo da consumarmi le unghie, gli occhi e ogni singola speranza.

 

Ho conosciuto la Felicità. Aveva il sapore del Sole ed il profumo di un sogno che si realizza. Non l’avevo mai aspettata, eppure è arrivata: calda marea, mi ha invasa da testa a cuore e mi ha cullata in mille certezze che in fondo erano sempre state lì. Il mio petto non era abbastanza grande per contenerla tutta, infatti ridevo e correvo perché questa gioia strabordava ed io strabordavo ogni posto in cui fossi, da sola o con la mano nella mano di tutte le persone meravigliose che mi regalavano un centimetro del loro tempo, allungandomi la vita di 60 secondi di felicità dorata.

 

Ma oggi non conosco nessuno.

Quanto tempo è passato? Un minuto in trent’anni ha dissolto gli spigoli che mi tenevano su, che mi spingevano giù.

Galleggio in equilibrio perfetto, remando con fatica senza mai domandarmi di chi sia questa barca che non so se ho voluto io. Tutti i sogni che mi tiravano e le paure che mi spingevano sono così sbiaditi che fatico a ricordarli, e resto qui, in questa corsa immobile mentre i contorni morbidi si irrigidiscono in un’età che non riconosco, in un’epoca bucata che perde ogni contenuto dal tappo svitato di una botte semivuota. Vedo un topo aggirarsi curioso intorno al liquido sparso sul pavimento di legno. Lo sa che non gli farà bene, annusa, si ritrae. Mi vede, scappa via. Lo seguo con gli occhi, e quando sparisce nel buio mi ritrovo a dimenticare: cosa stavo guardando? Eppure, pochissimo tempo fa, c’era qualcosa qui.

Piacevolmente insensibile, c’è nessuno qui dentro? Qualcuno riesce a sentirmi?

Io non riesco più.

Forse è così che succede, quando il male fa male per così tanto tempo che impari a scappare dalla sua fonte: te.

E mi sono persa.

 

 

 

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