Ero con Peppino al bar dell’Indomita dove lavoro al weekend. Era la domenica dopo Ferragosto e, dopo una manciata di settimane di caldo, aveva iniziato a piovere. Le temperature erano scese di colpo e noi stavamo seduti davanti al bar ormai deserto, appollaiati su due sedie di plastica nell’unico lembo di pavimento in cui non pioveva grazie alla copertura di una vela.
Nella mia testa si affollavano una marea di pensieri, la corsa la pizza il mojito Mario la bici l’acido lattico il calendario mia mamma i concerti il mio gatto le verdure Belele il sole l’Australia l’inchiostro il tempo, ma tutto sbiadiva sciolto dalla pioggia che lo sapevo, sanciva la fine di quella brevissima estate.
-Che sei triste! esclamò Peppino con sincera compassione, dandomi un buffetto sulla guancia.
“Non voglio andare a casa” è la frase che penso più spesso nei mesi estivi, e anche quella sera echeggiava nella mia testa. Ma dove andare? Con chi?
-Sai Peppino, io avevo grandi ambizioni da ragazzina… E invece ora, ogni giorno che passa, mi rendo conto sempre di più di non essere altro che una povera scema.
-Perché una scema? mi chiese lui.
-Perché certe cose io credo che le potrei fare ma… Mi sono persa. Non sono più capace.
Pensai a come spiegarmi meglio.
-Io credo che nella mia vita ho avuto dei periodi in cui sono stata così male che, in qualche modo… Ho imparato a confinare le mie emozioni, nel bene e nel male però, perché ovviamente o ti tieni tutto o niente, sarebbe troppo bello poter bloccare solo il dolore e non la felicità.
Peppino ha gli occhi di un azzurro che quando guarda il cielo d’acciaio diventano blu, e la pupilla quasi sparisce, persa tra una nuvola ed un pensiero.
-E quindi – continuai -Credo di non riuscire più ad avere accesso a quel mondo emotivo che mi muoveva prima. Sarà poi anche il passare degli anni, il fatto che sto crescendo…
Proprio in quel momento uno dei responsabili uscì dalla casetta che funge da deposito e da ufficio. Sciabattò allegro sotto la pioggia e ci raggiunse al bar. Fece una battuta sull’assenza di clienti, svuotò la cassa e mangiò una patatina, lamentandosi poi perché era possa. Finì di contare l’incasso e se ne tornò sciabattando da dov’era venuto.
Io e il mio collega restammo in silenzio per un po’, mentre il triangolo asciutto in cui eravamo riparati diventava sempre più stretto. Poi lui mi disse:
-Sai non è una questione di età. Se tu sei così, hai questo animo e questa spinta, ce li avrai sempre. Magari adesso stai vivendo un periodo in cui hai bisogno di lasciarli da parte, però tornerà sempre. Magari domani, tra un mese o tra vent’anni, ma se tu sei fatta così non puoi perderti. Questo è sicuro.
Intanto che la pioggia aumentava il ritmo, le casse dell’Indomita ne sfidavano il rumore, diffondendo sul letto dell’Adda le note di All Night Long di Lionel Richie.
-Troppo magica ‘sta canzone. Disse Peppino, ignaro di avermi appena dato una piccola scintilla di speranza per quel futuro che mi fa sempre tanta paura. E con gli occhi persi nelle nuvole attaccò a raccontarmi di come funzionavano le feste quando era ragazzino lui, nella Palermo degli anni ’80, dei lenti con cui si rimorchiava, e intanto la musica prendeva il controllo, karamu, fiesta, forever…