In questo periodo in cui leggo molto e chatto poco mi sono resa conto di una cosa: c’è una ragione per cui amo scrivere.
La ragione è che quando scrivo sono obbligata a guardare la realtà in un modo diverso, devo guardarla tutta intera, fino in fondo. Uno sguardo superficiale non basta a farmi arrivare alla fine di quel pensiero che potrebbe portarmi a formulare una frase. Quando guardo il cielo distrattamente non mi accorgo della ragione per la quale è così bello, terso e azzurro con mille sfumature di tramonto. Il pensiero è lì, apparentemente scontato, ma realmente inespresso ed incompleto.
Ma se penso di scrivere qualcosa a proposito di quel cielo lo devo guardare abbastanza per rendermi conto che è così bello perché è più limpido di qualsiasi coscienza, che quel sole è così accecante perché mi scalda più di dieci abbracci, e che questa natura in cui sto immersa mi fa stare bene perché non ha ricordo dei problemi e del dolore, non d’estate: presto si spegnerà, ma non lo sa o non se ne cura. Cura me.
È un po’ come quando andiamo dallo psicologo: lui raramente parla al nostro posto, ma il fatto stesso di mettere le nostre emozioni, i nostri pensieri, problemi, in parola, fa sì che diventi concreto anche ai nostri occhi; la soluzione, ovvia.
Seguire un pensiero fino alla fine per capirlo e sfruttarlo: ecco un buon proposito della vera fine dell’estate.