Pensieri

Il Gatto Melone

Caro Melone,

Tu forse non lo sai, ma prima di conoscere te ho avuto degli altri gatti: il prematuro Nirvana, la vivace Coca the Cat, l’elegante Topa…
Eppure è proprio di te, strambo gatto goffo e vecchietto, di cui voglio parlare.
Dopo il primo lockdown vivevo da sola in un piccolo monolocale a Bordeaux. Avevo voglia di prendere un gatto, ma non volevo condannare un cucciolo a 25 m2 di appartamento, quindi scrissi al gattile chiedendo se avessero un micio un po’ malmesso, che sarebbe stato contento in una casa così piccola.
Mi chiamarono dopo qualche settimana: c’eri tu, un vecchietto di 12 anni, con l’AIDS dei gatti, l’insufficienza renale, l’artrite, un po’ spelacchiato e non particolarmente bello. Venni a vederti al gattile e non posso certo dire che fu amore a prima vista, anzi… Facevi un po’ paura caro Patafrosky!

Quando siamo arrivati a casa, per una ragione che non so, decisi che il tuo nome sarebbe stato Melone. La tua faccia “normale” non era allegra, al contrario.

 

Se inizialmente questo cipiglio sempre arrabbiato non mi faceva impazzire, col tempo ho imparato ad apprezzarlo, perché è così buffo che è impossibile non ridere. 

Hai passato i primi giorni nascosto sotto al letto, sul pavimento. Però poco tempo dopo hai iniziato a darmi confidenza ed affetto. Ti sei lasciato prendere in braccio, coccolare, riempire di bacini. Come tutti i gatti, passavi il tempo ronfando al sole, e dopo poco hai iniziato anche a fare casino per casa con quelli che poi avrei chiamato i tuoi “versi demoniaci”. Arrivò un altro lockdown e sei stato la mia salvezza. In quel periodo, quando andavo a letto, tu arrivavi immediatamente, miagolavi per farmi alzare la coperta, entravi nel letto e ti parcheggiavi al mio fianco. Non ho mai dormito “a cucchiaio” con un gatto, ma con te sì! 

 

E come dimenticare la volta in cui siamo tornati da Bordeaux a Sondrio con il treno? Dopo due ore di versi demoniaci, a Parigi ti ho fatto uscire dalla gabbia, e siamo rimasti insieme sulla panchina a guardare i passanti, e per il resto del viaggio sei rimasto tranquillo (forse anche col contributo di 2,5 volte la dose di calmante prescritta? Chissà).

Abbiamo passato il Natale a Sondrio

e poi siamo ritornati a Bordeaux in macchina. Abbiamo cambiato un’altra casa in Francia, e poi ti ho esportato definitivamente: ancora in macchina, siamo tornati a Sondrio, da mia madre prima, e poi nella casa grande ai Gatti. Lì hai trovato una tana, un vano sopra la stufa in cui ti sentivi protetto. Anche se non sei proprio sempre riuscito a salire da solo… Diciamo che l’agilità non è mai stata il tuo forte. Mi hai fatto infinite fusa da trattorino nel lettone grande che, a volte, volevi tutto per te.

Melone non sei di sicuro il gatto che la gente vorrebbe adottare così di primo acchito. Eppure, nel tuo essere malandato, imbranato e forse non proprio sveglissimo, sei il gatto che mi ha dato più amore in assoluto. Una volta che iniziano le fusa, puoi andare avanti tutta la notte, basta una piccola carezza ogni tanto. A volte mi hai anche svegliata, dal tanto che le tue fusa erano forti! Ti sei lasciato pastrugnare, pettinare, fare tutti i dispetti del mondo, solo da me! E anche così non hai mai smesso di volermi bene e io non ho mai smesso di essere così felice di aver deciso, quel giorno d’estate del 2020, di accogliere nella mia vita un gatto spelacchiato, buffo, imbronciato,  demoniaco e pieno d’amore come te. 

Ti amo Patafrullo, per sempre.

 

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