Pensieri

It’s in your head (All Of It)

Cosa c’è nella mia testa?
Me lo chiede Facebook, me lo chiede WordPress, me lo chiedo io stessa mentre assisto quasi inerme alla centrifuga di immagini che frulla all’interno di questa scatola cranica.

Prendere la valigia e partire a tempo indeterminato non è facile. Questo lo sappiamo tutti. Ma non possiamo sapere di cosa avremo bisogno nel giro di un mese, di due, di tre. Io sono partita tre mesi e dieci giorni fa: sono ufficialmente al mio quarto mese in giro. Sono in una città molto bella e troppo affollata, con gente che non ha colpito il mio interesse. Succede che più conosci persone, più in fretta impari a capire con chi puoi instaurare un legame davvero profondo. Uno di quelli che possono salvarti la vita, alcuni giorni. Bastano pochi minuti, a volte pochi secondi. Marta, la 22enne piemontese che ho incrociato per 5 minuti, emanava un’energia che sicuramente mi avrebbe fatta innamorare di lei. Ma è andata in Asturias il giorno dopo il nostro incontro. Daniele l’artista di strada ha bazzicato Càdiz per un paio di giorni, prima di perdersi a una festa, correre a prendere un traghetto e navigare verso Tenerife. Ah! Le Canarie… Beato lui e beati voi! Un paradiso dove tutto è stato perfetto e non lo sarà mai più, eppure l’istinto più ovvio mi dice di tornare. Ma andare indietro? Andare avanti? Il senso della vita non è in fondo solo stare bene?

Cosa c’è nella mia testa?
Fermo immagine: 16 millimetri di dilatatore dall’altro lato dell’oceano.
Centrifuga.
Fermo immagine: la cornetta della doccia che sputa acqua sotto il cielo azzurro dell’Andalucia.
Frullatore.
Fermo immagine: io in cima alla montagna che ho dovuto scavalcare per raggiungere il posto più bello del mondo.
Eccolo qui, il senso della vita: scavalcare quella montagna, così bella e ripida, così calda e polverosa, così verde e lussureggiante, per raggiungere un obiettivo finale, sconosciuto, di cui avevo sentito parlare, ma non potevo immaginare quanto potesse essere meraviglioso. E quindi scalo, scalo, mi arrampico con le mani su per quella montagna, fino a scorgere la cima, fino ad intravedere l’oceano dall’altro lato, fino a farmi investire dalla luce. Sono in cima. Davanti a me tutto l’infinito. Il vento addosso e nella testa che mi porta via tutti i pensieri. Sono solo io.
Sono sempre stata solo io. Resterò sempre e per sempre, inevitabilmente solo e soltanto io. Nessuno può sentire ciò che sento. Nessuno può capire quello che penso. Nessuno.

Solo io. E neanche sempre.

Ma per vivere secondo le mie stesse regole mi devo imporre su me stessa.

Il senso della vita. La vita. Stare bene.
E a volte per stare bene ho bisogno di fare cose che forse possono essere considerate sbagliate, ma cosa è giusto e cosa non lo è?
A volte per stare bene ho bisogno di qualcuno che mi faccia stare bene. A volte, per quanto possa essere sempre io e soltanto io, non mi basto. Sto migliorando, ma non ho intenzione di smettere di essere me. Non mi importa sapere di aver fatto la cosa giusta, se non è quella che mi ha fatto meglio. E non mi pento di nessuna delle scelte che ho fatto, se tutte mi hanno portato qui, dove sono ora, a vivere questa vita pazza e apparentemente senza scopo se non quella di godermela finché posso. Perché la libertà è fugace ed effimera e la natura dell’essere umano tende verso il confine della stessa. Il trucco è stare sempre sul bordo di questo confine.

Che cosa stupida prendere decisioni sulla base del parere altrui, forzarsi a fare una cosa e avere la testa da un’altra parte, così da non godersi né il qui ed ora, né l’altra parte. Che cosa stupida caricarsi di tutte le aspettative, ma quante sono! E dimenticarsi di ascoltare se stessi. Io con me non ci parlo molto, o meglio sì, ma non è che mi capisco granché. Ma tu invece? Cosa vuoi capirne tu di me?
O forse sì, proprio tu, che sembravi non capire le basi di come gira il mondo, forse proprio tu hai letto nei miei occhi quello che non posso leggere io al contrario, hai aperto connessioni nella mente che non c’è modo di richiudere, come i miei rubinetti di lacrime quando mi ricordo cosa sono, come i tuoi fiumi di parole quando respiri quel dolce veleno, come l’inesorabile ed infinito corso della vita, questa vita, l’unica che abbiamo. Proprio tu, che lo sai bene di non avere un futuro, lo sappiamo entrambi fin troppo bene di non avere un futuro, non ti preoccupare che niente e nessuno è per sempre, ma abbiamo un presente e tutta l’intenzione di viverlo. “E goditela cazzo!”… No? Questa vita è strana, è bella, è orribile, ma è solo una: lasciatemela vivere come pare a me, perché si sa, non si impara mai dagli errori degli altri.

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