Alzo gli occhi da quel grande terrazzo della casa di Mount Hawthorn in cui ho passato gli ultimi due mesi. Si vede lo skyline di Perth e questa è l’ultima notte in cui potrò guardarlo da qui.
Lo vedo anche dal letto se lascio la porta finestra aperta. C’è la zanzariera che mi protegge dai mostri e poi tante case basse che mi permettono di guardare i grattacieli del centro anche a qualche km di distanza.
Oggi ho finito il milionesimo lavoro della mia vita. Era nuovissimo, di neanche una settimana. Prima avevo passato un mese e mezzo su un rooftop basso. Ci ero capitata un giorno per caso, con Lui. Avevo guardato il grande bancone, i baristi indaffarati, la carta dei cocktail lunga. Avevo detto: “Io non potrei lavorare qui”. Ed eccomi pochi giorni dopo al termine delle due ore di prova ad ascoltare il manager in turno che mi diceva: “Ci piacerebbe che tu lavorassi con noi, ti va di restare?”.
Perth, che trauma sei stata, quanto eri diversa da quello che mi aspettavo. Come sei piccola, un paesone in cui alle 23 è tutto chiuso, eppure chiamano col tuo nome città a 70 km a nord, 50 km a est. Quante cose avrei dovuto fare e poi ho finito col saltarle. Ci è voluto tanto ma alla fine ti ho trovata, tu mi hai lasciata entrare. Ma ad abituarmi non sarò mai capace, ed eccoci alla fine. Esco dal lavoro, salgo al 18° piano ad accompagnare con gli occhi il sole che si adagia sull’enorme letto del fiume Swan, lasciandosi dietro il tipico colore lilla del tramonto australiano.
Celebro il finale con un bicchiere di vino, forse due, un cocktail al tiramisù ed un bagno nella vasca.
Mangio in terrazza, una torta salata per finire gli avanzi nel frigo, mentre leggo un libro stupido che già so mi conquisterà.
Alzo gli occhi da quel grande terrazzo della casa di Mount Hawthorn e mi sento fortunata. Domani inizia una nuova avventura, ma questa di sicuro non la dimenticherò.